[FESTIVAL – FEFF22] REVIEW – KIM JI YOUNG, BORN 1982

Poster Kim Ji-young: Born 1982

TITOLO ORIGINALE: 우리집

REGISTA: Yoon Ga Eun

CAST: Kim Na-Yeon, Kim Shi-A, Joo Ye-Rim

VOTO: 7.5/10

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TRAMA:

Per poter parlare di questo film è giusto fare qualche premessa, il film è tratto dall’omonimo libro Best-seller in Corea ed in Giappone il punto fondamentale prima di partire con l’analisi del film è che il libro non era nato per essere ‘manifesto del movimento MeToo’ ma proprio come viene raccontato nel film il libro era una sorta di valvola di sfogo per Kim Ji-Young.

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Partendo da queste premesse è comunque facile da capire perché il libro prima e il film dopo siano considerati importanti per la comunità femminile coreana. Queste opere mettono a nudo la società coreana senza nessuno sforzo, senza bisogno di estremizzare nulla, non ci sono scene forti di molestie fisiche né tanto meno di mobbing o altro, la rappresentazione estremamente realistica degli avvenimenti non ha bisogno di sensazionalismi e scene eclatanti, la vita delle donne in Corea (e non solo) è già abbastanza frustrante così.

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Vediamo, in una narrazione quasi del tutto piatta, la vita di Kim Ji-Young che si divide tra la figlia e le faccende domestiche, vivendo soffocata tra le responsabilità di madre e quelle di moglie dimenticando sé stessa, tanto da avere ‘crisi di identità’ dovute a crolli nervosi. La figura più positiva e allo stesso tempo più tossica della vita di Kim Ji Ying è suo marito, sempre molto attento e preoccupato non si rende però conto dei veri bisogni della moglie anche quando cerca di aiutarla peggiora involontariamente, allo stesso tempo però è l’unica figura maschile insieme al fratello Kim Ji-Young ad essere figure positive, senza gesti eclatanti fanno sentire la loro presenza.

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Interessante vedere nei flashback la vita di Kim Ji-Young che potrebbe benissimo essere la vita di qualsiasi altra donna: da bambina lei e la sorella non vengono considerate dalla nonna che ha occhi solo per il loro fratello minore, al liceo viene molestata sul bus e in tutta risposta viene sgridata dal padre perché mette la gonna e perché forse ha sorriso al ragazzo che le messo la mano sotto la gonna, in età adulta, al lavoro, ascolta discorsi estremamente maschilisti in cui si sostiene che una donna che lavora non può essere una buona madre, nella sua vita matrimoniale apparentemente felice il marito le chiede, in seguito alle pressioni della sua famiglia, di avere un figlio “tanto non cambierebbe niente nella nostra vita” sostiene: non sarà così, ovviamente.

Altro elemento interessante, anche se viene solo accennato, è tutto l’elemento estremamente inquietante della realtà coreana: ovvero le telecamere nascoste nei bagni pubblici femminili. Con questa tematica solo accennata si sottolinea quanto questo problema sia cosi intrinseco nella società. Le telecamere vengono installate nel luogo di lavoro, da un collega che è consapevole di quello che sta facendo alle sue colleghe e che cerca di proteggere chi ha a cuore senza però pensare alle altre numerose colleghe presenti nel palazzo.

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Questo film è ‘femminista’ perché ci sono solo figure femminili positive? Assolutamente no, questo film è ‘femminista’ perché raccontando la vita di Kim Ji-Young racconta la vita di tutte le donne, anche le figure non del tutto positive sono solo vittime della società coreana che le ha volute così; sia la madre che la suocera di Ji-Young sono donne di un’altra generazione e trovano estremamente normale sacrificare la propria vita per la famiglia, questa condizione ovviamente non è più accettata dalle donne di questa generazione che hanno studiato tanto se non di più degli uomini e si sentono costantemente giudicate ed obbligate a fare quello che una società retrograda ancora impone.

Solo gli anziani quindi sono una figura negativa? Anche questa volta la risposta è no, il problema non è l’anno di nascita ma la società ancora estremamente patriarcale e maschilista che vuole le donne solo come indistruttibili mogli e madri, una donna che lavora non deve e non può vere una famiglia.

Tecnicamente il film non ha niente di estremamente eccezionale se non l’interpretazione di Jung Yu Mi che come sempre grazie alla sua recitazione delicata entra perfettamente nella psicologia di Ji-Young. In generale, comunque, la scelta del cast è perfetta in ottica di botteghino e comunicazione, con attori così conosciuti e amati il successo al botteghino è assicurato e in questo modo il messaggio arriva a più persone.

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    Articolo di: Veronica Croce

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2 pensieri su “[FESTIVAL – FEFF22] REVIEW – KIM JI YOUNG, BORN 1982

  1. Era già nella lista dei ‘must watch’ ma ora lo metto in programma questa sera!…lo avevo notato originariamente perchè Gong Yoo (di cui sono naturalemente, pazzamente innamorata) aveva detto in un intervista di aver chiesto scusa a sua madre dopo aver ricoperto questo ruolo…perchè fino ad allora non si era reso conto delle tensioni subdole e delle richieste silenziose ma pressanti che le donne (coreane e non) subivano quotidianamente…chissà se nella sua vita privata riesce a mettere in pratica un po di sano femminismo (potrebbe essere degno di santificazione)
    Ora voglio riempire le parti mancanti guardando la pellicola per intero…e magari leggendo il libro…me lo suggerisci? grazie per i tuoi contenuti.

    1. Gong Yoo dalla sua posizione di Top Class actor è stato molto coraggioso a prendere parte ad un film così controverso e le sue parole mi resero molto felice (anch’io sono pazza di lui, sin dai tempi di Coffee Prince). Il libro io non l’ho ancora letto e non si trova in italiano, ma se vuoi leggerlo in inglese qui c’è il link amazon dove puoi comprarlo sia in versione cartacea che ebook https://amzn.to/3276YuS .

      Grazie per il tuo commento 🙂

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