[DRAMA REVIEW] STRANGER – SECRET FOREST (NETFLIX)

Perché sul finire del 2019 si parla ancora di “STRANGER”?
La risposta è semplice: questa serie tv coreana è stata una tra le più seguite al mondo.
I dati sul web parlano chiaro: “Stranger” (anche se altrove ha avuto differenti titoli come “Bimil
Uisup”, “Forest of Secrets” o “Secret Forest”) ha superato molti competitors ma anche le
aspettative di tutti, casa di produzione in primis.

Uscito per tvN tra giugno e agosto 2017, questo serial ha rappresentato (e rappresenta tutt’oggi)
un ottimo esempio di narrazione audiovisiva.
Scritta da un’autrice emergente (quanto meno stando al suo CV cine-televisivo) che risponde al
nome di Lee Soo Yeon, la trama presenta molteplici meccanismi narrativi che vengono sviscerati
prendendo spunto da alcuni canoni letterari anglosassoni. Il contenuto della serie, suggestivo e
appassionante, elargisce potenzialità incredibili a questo k-drama. Dopo il successo globale di
“Stranger” l’autrice è stata dunque richiamata per costituire un altro mondo fictional a titolo
“LIFE” (2018, sempre disponibile su Netflix ove si possono rivedere alcuni volti del k-drama in
oggetto) che però non ha avuto il buon riscontro del precedente lavoro, motivo che ha spinto
produttori e investitori a ridarle in mano la gestione di “Stranger 2”. Già, rullo di tamburi: la
seconda stagione giungerà nel corso del 2020!
Ma di cosa parla “Stranger”?
Un uomo viene ritrovato senza vita all’interno della sua abitazione, ma molti elementi sfuggono
alla logica di un procuratore assai bislacco che comincerà a valutare diversi aspetti al fine di far
luce sul caso. Questo omicidio apre dunque le danze di un macabro balletto che si evolverà per
tutta la serie. Ma non si tratta semplicemente di una detective-story perché c’è molto altro: la
trama principale ruota intorno al sistema investigativo della procura che qui parte a rilento per
cause da imputare a una corruzione molto presente. Il protagonista, il procuratore Shi-Mok
(interpretato dall’attore Jo Seung Woo, attivo nel panorama cine-televisivo da ormai vent’anni)
deve farsi strada tra le insidie interne di una procura contaminata da giochi di poteri e corruzione.
Ad aiutarlo c’è l’ufficiale di polizia Han YeoJin (a dar volto alla co-protagonista c’è la star
internazionale Bae Doo Na, già conosciuta ai più per la sua partecipazione alla serie tv statunitense
“Sense 8”): dopo iniziali scintille tra i due personaggi si instaura un rapporto di fiducia che porterà
la poliziotta a sostenere la linea investigativa del procuratore. Ma tutto filerà liscio?
No, perché i prodotti di entertainment coreani ci hanno abituato a colpi di scena continui e
“Stranger” ne è un esempio lampante: quando si pensa di aver capito qual è la chiave di svolta, c’è
un accadimento che cambia le carte in tavola.
Già dal primo episodio si palesa un arco narrativo dal forte impatto emotivo. Se il procuratore è
una sorta di Sherlock Holmes coreano con funzioni cognitive sopra la norma (nell’introduzione
della serie viene svelato il motivo), la figura della poliziotta va a bilanciare il peso carismatico del
personaggio principale mostrando lati umani decisamente all’opposto del freddo protagonista.
Gli archetipi vengono presi e capovolti, usati e lacerati: tutti i personaggi sono caratterizzati in
maniera ottimale sino al punto da rimanerne letteralmente affascinati. Ogni figura che si muove
all’interno di questa storia è una marionetta gestita dalle abili dita dell’autrice che muove i fili
gestendo al meglio ogni scenario. Poi ci sono le ombre, in senso lato, che divengono la
rappresentazione solenne di tutti i personaggi, ennesima riprova che lo story-concept è ben
strutturato.

Sedici appuntamenti che comportano una visione attiva non indifferente, circa venticinque ore di
intrattenimento duro e puro che, credetemi, difficilmente deluderanno. Non vi sono sbavature né
momenti sottotono, anzi, le fasi del drama non sono mai altalenanti e offrono peculiarità che
definirei psicoattive per quanta tensione riescono a dare. Anche tecnicamente l’opera è sopra la
media e conta sull’abile occhio del talentuoso regista Ahn Gil Ho che offre tagli e movimenti di
macchina sempre precisi e corretti. La fotografia è equilibrata e a tratti persino più
cinematografica che televisiva. Ciliegina sulla torta è la colonna sonora che accompagna i fruitori
in questo viaggio con una musicalità cucita su misura a ogni scena.
“Stranger” è emblematica, va vista sino alla fine.

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    Articolo di: Marco Paracchini

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