Kim Ki Duk è solito stupirci con film girati in pochi giorni, come il suo ultimo progetto “Stop” in cui raccontava la storia di una coppia a Fukushima durante il disastro nucleare, o a opere piene di violenze e sottotesti politici come “Pieta” o “One on One” ma questa volta lo stupore è immenso; il regista Leone D’Oro ha deciso di salutare per un po’ la sua Corea con cui ha da sempre un rapporto complicato per girare un film multi-milionario in Cina. Per la bellezza di 30 Milioni di dollari, la JSNH Film, ovvero uno dei colossi della produzione cinematografica cinese, ha conquistato il più controverso regista coreano di questo secolo che si è addirittura detto disponibile a smussare i toni violenti tipici della sua regia ‘low budget’.
L’annuncio è arrivato a Busan durante il Busan International Film Festival dove il regista di “Ferro 3” ha dichiarato “Ho ricevuto un’offerta di circa 30 milioni di dollari, che è tre volte il totale di tutti i miei lavori girati in Corea” il film dovrebbe essere incentrato sul Buddhismo, religione abbracciata dal regista da qualche anno inserendo spesso dettagli buddisti nei suoi ultimi film, Kim Sun Mo, direttore della produzione della compagnia Kim Ki Duk Film ha dichiarato “al momento il copione è in mano alle autorità cinesi e molto probabilmente subirà dei cambiamenti a causa della censura, sapevamo dal principio che avremmo dovuto fare i conti con il rigido regolamento cinese“, sicuramente questo piccolo cavillo non ha spaventato il regista che è spesso soggetto alla censura anche il patria.
Kim Ki Duk sta lavorando a questo progetto, dal titolo “Who Is God“, da circa dieci anni; il film racconterà di una guerra santa nata con l’avvento del buddismo “Ci sono molti film dedicati alle crociate e altre guerre religiose, ho pensato, quindi, che qualcosa di simile potesse essere successo anche in Asia con l’avvento del Buddismo” ha dichiarato, aggiungendo che gli piacerebbe lavorare con le due dive assolute del cinema cinese Zhang Ziyi e Gong Li.
Durante la conferenza stampa in quel di Busan il regista ha raccontato di essere stato piacevolmente stupito quando, viaggiando in metropolitana, molte persone l’hanno riconosciuto “Sicuramente non non hanno visto i miei film in maniera legale ma di questo poco importa“. Il regista, molto probabilmente, non è solito ricevere affetto dal pubblico casalingo; nonostante i riconoscimenti internazionali, in patria non ha un grande seguito di fan, soprattutto tra il pubblico femminile che ha spesso dichiarato che non riesce a guardare i film di Kim Ki Duk perché troppo crudi e violenti.
La domanda sorge spontanea, dobbiamo dire addio ai film coreani di Kim Ki Duk? A quanto pare per il momento si “Ho girato venti film e credo di aver detto tutto quello che volevo dire in Corea” ha dichiarato.
Non ci resta che aspettare cosa ci riserverà in futuro.