TITOLO ORIGINALE: 일대일
REGISTA: Kim Ki Duk
CAST: Ma Dong-Seok, Kim Young-Min, Lee Yi-Kyung, Jo Dong-In, Te O, Ahn Ji-Hye, Jo Jae-Ryong, Kim Joong-Ki, Kim Jae-Rok, Joo Hee-Joong, Choi Gwi-Hwa, Lee Eun-Woo.
TRAMA: Uno dei sette assassini di una giovane studentessa viene sequestrato, torturato, obbligato a sottoscrivere la propria ammissione di colpa e poi rilasciato. L’uomo, che un tempo si riteneva invincibile, adesso vive nel terrore. Quando viene a sapere che anche gli altri assassini sono stati rapiti e torturati, decide di pedinare uno di loro e riesce ad arrivare al nascondiglio dei loro persecutori, le The Shadow, “Le Ombre”, una setta intenzionata a combattere il marcio dell’intero sistema. _ MoviePlayer.it
VOTO: 7
RECENSIONE:
“Chi sono io?“
Tutto inizia con l’omicidio di un’adolescente, se si trattasse di un regista qualsiasi questo omicidio aprirebbe le porto al più classico dei thriller alla coreana; ma stiamo parlando di Kim Ki Duk e questo inizio apre le porte ad una spirale di violenza, inizialmente solo fisica ma che dopo poco si trasforma in violenza psicologica.
In una ricostruzione Pirandelliana, Kim Ki Duk ci mostra le diverse sfaccettature della personalità umana da quella patetica a quella priva di scrupoli, urlando a gran voce che siamo tutti uguali di fronte alla violenza.
L’unica vera vittima rimane quindi l’adolescente uccisa, mentre gli assassini e coloro che vogliono vendicane la morte, si cambiano i ruoli di vittima e carnefice in un ritmo sempre più serrato e confuso che porta lo spettatore a chiedersi “Io Chi Sono?”, il film chiude proprio così, con una schermata nera e questa domanda esistenziale perché tutti prima o poi ci si ritrova davanti a questo quesito, il regista ha dichiarato: «È un film sul posto in cui vivo, la Corea. Che si sia d’accordo o meno con il finale del film, se non ci si sente ammazzati non bisogna mettersi a guardarlo. L’ho fatto perché qualcuno capisca. Sennò non ha senso. Questo è ciò che siamo noi ora».
E diventa difficile oggettivamente non sentirsi “uccisi”, l’iniziale smarrimento e incomprensibilità delle azioni si fa sempre più chiara fino a farci trovare in un limbo tra la vita e la morte, tra la giustizia e l’ingiustizia ci si sente vittime e carnefici allo stesso tempo.
Devo dissentire col regista su una sola cosa, questo film non è un film sulla Corea, qualsiasi fosse stata la sua ambientazione, non sarebbe cambiato nulla. Siamo tutti maschere che interpretano una parte e nessuno di noi è innocente al 100% .
Il regista, torna al “cinema parlato” scegliendo un cast stupendo, capitanato dal sempre ottimo Ma Dong Seok.
Questo film rimane comunque ben lontano dal capolavoro di Pieta, ma mostra come Kim Ki Duk cerchi di tornare ad una dimensione meno visionaria e più concreta della realtà, non abbandonando però lo stile forte, cruento e dissacrante che sta contraddistinguendo i suoi film da alcuni anni a questa parte.
Curiosità: nel film fa un cameo Lee Eun Woo, la protagonista di Moebius, che per alcuni versi è diventata inseparabile per Kim Ki Duk.
Da domani il film sarà nelle sale italiane.