Torniamo a parlare della Jazzista Youn Sun Nah perché quest’estate L’Uomo Vogue le aveva dedicato un articolo che considerata la nostra assenza non vi avevo segnalato.
In occasione del suo prossimo concerto ho deciso di proporvelo, eccolo qui:
Minuta e timida all’apparenza, sul palcoscenico Youn Sun Nah si rivela inaspettatamente forte e solare. È nata in una famiglia sudcoreana tutta dedita alla musica: il padre è stato il primo direttore di corale del paese, mentre la madre è una nota attrice e cantante di musical. In un paese ancora traumatizzato dal ricordo della guerra, l’ossessione di tutti i genitori è garantire una buona educazione ai figli.
Youn Sun sceglie di studiare letteratura ma trova il tempo per coltivare la sua passione: le canzoni francesi. Le ascolta in continuazione e le trascrive foneticamente in coreano. “Le cantavo per divertimento, ma in realtà non capivo niente!” confessa scoppiando a ridere. “Mi colpivano le sonorità e il tono drammatico delle canzoni di Piaf, Brel e tanti altri”.
Un amico la iscrive a un concorso canoro indetto dall’Istituto culturale francese a Seoul, lei lo vince e decide di andare a studiare in Francia, abbandonando il suo lavoro di pubblicitaria. Si iscrive contemporaneamente a jazz, canto classico e conservatorio, oltre a seguire corsi privati. Alcuni le consigliano di dedicarsi solo al jazz perché è la base di tutta la musica contemporanea, ma lei si rende conto subito di non essere all’altezza: “Non avevo lo swing e non avrei mai potuto competere con la voce di Ella Fitzgerald o Billie Holiday”. I suoi insegnanti la stimolano, facendole ascoltare jazz europeo: è una rivelazione; decuplica l’impegno e finalmente trova in questo genere un mezzo di espressione che travalica le frontiere, impregnandosi di tutte le influenze e trasformandole con il suo stile.
Se il successo in Corea è quasi immediato, il riconoscimento internazionale arriva più tardi con il suo penultimo album, Same girl, disco d’oro nel 2010 (Lento è l’ultimo, del 2013). Invitata ai festival di Montreux, Marciac, Lugano, Roma, dà il meglio di sé sulla scena: “Non sento lo sguardo della gente, mi esprimo pienamente e ricevo in cambio una grande energia, sia dai miei musicisti sia dal pubblico”.
Quello che più colpisce è l’originalità della sua voce cristallina, la sua singolarità, fatta di delicatezza e di una certa fragilità in alcuni pezzi, mentre in altri riesce a liberare anche un’energia esplosiva. Passa da un registro all’altro con una facilità stupefacente, trasportandoci da New York a Baghdad passando per Seoul, grazie a musicisti favolosi che l’accompagnano in tournée. “Esploriamo insieme nuove strade, perché il jazz è in continuo movimento e cambia costantemente grazie all’improvvisazione; conosciamo il punto di partenza e di arrivo, ma l’importante è il viaggio: siamo nomadi nell’anima”. Per questo si sente a casa ovunque: “La mia vita è in una valigia”.
È cosciente di essere molto fortunata perché può permettersi il lusso di scegliere con chi lavorare. Vera e propria workaholic, quando torna a casa per circa quattro mesi all’anno cerca di mantenere un ritmo meno serrato. Il suo calendario di concerti è comunque fitto. Nel prossimo anno e mezzo farà il giro del mondo, dalla Nuova Caledonia a New York, passando per San Francisco e Brescia (il 19 novembre). Scrive i propri testi ma canta anche quelli di altri quando corrispondono alla sua sensibilità e li arrangia a modo suo, sottile e sempre commovente. Non si pone alcun limite, vivendo alla giornata: “Ho cominciato per caso, sono convinta che finirà anche per caso”. Il sogno nel cassetto? “Un duetto con Peter Gabriel“.”
DI FRANÇOISE GUITTARDL’Uomo Vogue, Luglio-Agosto 2013 (n. 442)
Foto by Sonia Sieff – Fashion editor Francesca Ragazzi – Hair stylist Caroline Bufalini@Box Production – MakeUp artist Min Kim@Airport
Per la location si ringrazia La Dynamo de Banlieues Bleues, Parigi