In occasione della prima londinese di “Stoker“, il regista, Park Chan Wook è stato intervistato dal webmagazie, Movieplayer.it
Continuate a leggere per saperne di più sul film in uscita domani nelle sale italiane.
Qual è stata la sfida maggiore nella realizzazione di Stoker?
Park Chan-wook: La sfida più grande è stata di natura pratica, ho dovuto girare molto più velocemente di quanto facessi di solito, le riprese sono durate la metà rispetto a quelle dei miei film precedenti. Il tutto è riconducibile a ristrettezze imposte dal budget, tanto che dopo una quarantina di giorni avevamo già finito.
Perché ha accettato di fare un film in lingua inglese?
I buoni filmaker sono sempre in cerca di sceneggiature degne di essere portate sullo schermo, e mi era stato sottoposto lo script di Miller, che ho trovato molto interessante. Non mi importava in che lingua avremmo dovuto girare, sono interessato a qualsiasi tipo di produzione internazionale fintanto che la storia mi attrae. Se fosse stato un copione norvegese, avrei girato in norvegese.
Cosa, nello specifico, l’ha conquistata della sceneggiatura di Wentworth Miller?
Mi piaceva che fosse minimale. Mi piaceva che non ci fossero tanti eventi. E poi avrete notato che non si parla molto in Stoker, e io non sono un amante dei dialoghi fiume.
Ha effettuato nei cambi nella sceneggiatura originale, sia prima che durante le riprese?
Ho revisionato lo script. Avevo letto da qualche parte che un regista inglese o americano aveva l’abitudine di rendere sua la sceneggiatura riscrivendola parola per parola a macchina. Sebbene non avessi l’intenzione di cambiarne una virgola, voleva sentirlo suo. Io faccio qualcosa di simile, mi ci metto e tolgo e aggiungo qualcosa, e poi in fase di regia sono a posto.
Ha intenzione di ripetere l’esperienza nel cinema straniero?
Come per ciascun film a cui mi sono dedicato anche per Stoker ci sono stati degli inconvenienti, è stato difficile da girare, ma dopo tutte le prove superate sono sempre talmente contento del risultato che la fatica viene ripagata subito. Per Stoker non è stato diverso, girarlo è stato come fare gli altri. Detto questo sarei ben contento di poter alternare pellicole coreane a non coreane, fare avanti e indietro tra Corea e Stati Uniti.
Cosa l’ha convinta a scegliere il cast principale, Nicole Kidman e Mia Wasikowska?
Chiunque, leggendo la sceneggiatura, avrebbe pensato a Nicole e Mia per i ruoli di Eve e di sua figlia India, perché i lavori precedenti di queste due attrici evidenziavano la loro bravura e la loro individualità era assolutamente adatta per le parti. Mia era perfetta per interpretare India perché in lei c’è una qualità che la rende misteriosa. In termini di personalità non è facile da leggere subito ma si nota immediatamente che, metaforicamente e letteralmente parlando. La Wasikowska ha qualcosa che spinge il pubblico tende a piegarsi verso di lei per saperne di più.
É bastato questo?
Ha un look classico, antico, infatti è stata selezionata anche per interpretare Jane Eyre e Alice in Wonderland, è perfetta come protagonista di pellicole tratte da opere letterarie. Per Stoker volevo creare un mondo senza tempo, volevo che il periodo storico non fosse facilmente inquadrabile. Volevo mantenere una certa ambiguità rispetto al luogo e al tempo, volevo cheStoker non avesse una qualità realistica, ma rarefatta e senza tempo. E lei era perfetta per questo.
L’ombra di Hitchcock aleggia su Stoker.
Hitchcock è un filmaker che mi ha influenzato molto ma è evidente la sua influenza anche nella sceneggiatura di Miller. Era pertanto naturale per me, come regista, prendere decisione creative nell’ottica di questa ispirazione, spettava a me coglierne gli echi. Tuttavia non ho abusato, non volevo aggiungere ulteriori elementi hitchcockiani rispetto a quelli suggeriti. Hitchcock non è solo un autore, ha dettato gli stilemi di un genere, per cui quando si fa un film come Stoker non c’è modo di uscire dalla su ombra.
Le sue opere precedenti esplorano svariate questioni morali, mentre in Stoker la questione morale sembra messa a tacere dall’ipotesi che nello zio Charlie e in India scorra un sangue cattivo.
In Stoker la questione morale non è assente, è solo molto più celata. Sebbene nel film si parli del sangue malato che scorre nella famiglia, la questione è più sottile: questo concetto, che lo zio Charlie cerca di inculcare nella nipote, forse è solo una sua idea o forse lo ripete solo per sfuggire alla responsabilità della sue azioni. La voce over all’inizio del film l’ho inserita perché volevo che India ripetesse quella che di fatto è una scusa, una scusa che le ha insegnato lo zio. Stoker può essere un film su una famiglia con il sangue cattivo, ma anche più letteralmente affetta da un male ereditario o addirittura contagioso. La figura di zio Charlie è la figura di un mentore, di un insegnante per India, che può aver coltivato attivamente il male dentro di lei, e lo sta imparando da lui.