2013, Corea del Nord, sul tavolo di Pyongyang si stanno giocando le sorti della pace mondiale come se fosse una partita di Risiko.
Chiedo scusa per il lungo post, ma volevo fare un piccolo punto della situazione.
È di ieri la notizia che Kim Jong Un, dittatore della Corea del Nord, abbia intenzione di continuare le sue minacce nucleari con la riattivazione del reattore di Yangbyong.
L’impianto da 5 megawatt esa stato chiuso dopo la stipulazione degli accordi internazionali del 2007 ai quali parteciparono le due Coree, USA, Cina, Russia e Giappone.
Nonostante la trattativa fosse in stallo dal 2008, Kim Jong Il, ex dittatore e padre di quello attuale, non aveva mai accennato alla riapertura del reattore; minaccia più che concreta oggi.
Non è chiaro perché in questo periodo storico di crisi economica mondiale, la Corea del Nord abbia tutta questa smania di potere e voglia di guerra; molti sostengono sia per gli accordi militari tra la Corea del Sud e gli Stati Uniti che poco sono piaciuti al trentenne capo della Corea del Nord, altri osservatori internazionali sostengono che dietro alle mosse del supremo leader ci sia qualcun’altro.
Dagli Stati Uniti trapela la notizia che l’unico alleato di Pyongyang, la Cina, stia effettuando uno spostamento di truppe verso il confine con la Corea, probabilmente per evitare una nuova ondata di profughi.
È noto che le ultime pedine spostate, dalla Corea del Nord, sullo scacchiere mondiale sono piaciute poco alla Cina tanto che per mesi ha preso le distanze da Pyongyang e ha accusato duramente le scelte nucleari, come se non bastasse già da un mese la Cina ha bloccato tutti i visti di lavoro provenienti dalla Corea del Nord.
Sullo scacchiere mondiale non manca la Russia che guarda la situazione con distacco e paura “la priorità è quella di evitare uno scenario militare” ha dichiarato l’ambasciatore Logvinov. Anche il segretario dell’ONU Ban Ki Moon si è pronunciato “questa crisi si è spinta davvero troppo oltre.”
Se a livello internazionale si continua a sperare in una risoluzione pacifica, Kim Jong Un non sta fermo a guardare; ha infatti sospeso gli ingressi dei lavoratori sudcoreani al distretto di Kaesong.
La zona industriale fu costruita sul confine in insieme alla Corea del Sud, e frutta allo stato comunista 2 miliardi di dollari l’anno. Pyongyang ha comunicato che consentirà ai lavoratori sudcoreani di rientrare in patria.
La risposta di Seoul non è tardata “Il governo della Corea del Sud si rammarica profondamente per il divieto di ingresso e sollecita una pronta revoca” da dichiarato il portavoce del ministero Kim Hyung Seok “Abbiamo preparato un piano di emergenza, tra cui la possibile azione militare, nel caso della peggiore situazione possibile” ha aggiunto.
Stati Uniti, Cina e Russia accusano l’accaduto.
A Mosca hanno parlato di una «situazione esplosiva», “Nell’attuale, tesa atmosfera, basta solo un elementare errore umano o un problema tecnico per portare la situazione fuori controllo” ha detto il viceministro degli esteri Igor Morgoulov.
Il vicepremier cinese ha dichiarato che “le azioni e le parole provocatorie minacciano la pace e la stabilità nella penisola coreana” Zhang Yusui rinnovato l’appello già rivolto nei giorni scorsi a tutte le parti in causa “affinché mantengano la calma ed esercitino la moderazione”.
(cr: NYTimes, Il Fatto Quotidiano, Corriere della Sera, La Repubblica)